Il 28 luglio si celebra in tutto il mondo il “World Hepatitis Day”, ovvero la Giornata mondiale dell’Epatite, istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
L’OMS stima 296.000.000 milioni di persone al mondo con infezione cronica da virus epatitico B (HBV) nel 2019, di cui circa 330.000 in Italia.
La vaccinazione obbligatoria dal 1991 per i nuovi nati ha drammaticamente ridotto i nuovi casi, e si stima che nel 2021 ci siano stati in Italia 89 casi di epatite acuta, di cui 12 in età superiore ai 55 anni.
Tuttavia, è proprio nella popolazione più adulta e negli anziani che risiedono molti casi di epatite B cronica, acquisita in età neonatale o infantile, che per anni può esser rimasta silente.
In passato, si è spesso fatto riferimento alla definizione di “portatore sano” di epatite B, che potrebbe nascondere una vera malattia se non correttamente caratterizzata.
Per la diagnosi basta un semplice test ematico (ricerca dell’antigene HbsAg) e le terapie, qualora indicate, si basano sull’utilizzo di antivirali che bloccano la replicazione del virus in maniera efficace.
Il virus dell’epatite C invece, “scoperto” solo 30 anni addietro e trattato dapprima con farmaci scarsamente tollerati dai pazienti e con bassa percentuale di guarigione, è oggi curabile in un’altissima percentuale di successo, senza effetti collaterali significativi e in poche settimane.
Nel corso del 2021 sono stati notificati 24 nuovi casi in Italia, di cui solo 7 in persone con età superiore a 65 anni.
Si stima tuttavia che nel mondo ci siano circa 58 milioni di infetti al 2019, e che la malattia provochi circa 290.000 morti l’anno.
Le sequele più temute sono le epatiti croniche e la cirrosi con le sue complicanze. L’epatite C è stata definita dall’OMS una malattia virale potenzialmente eradicabile.
Nell’ottobre 2015 l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione 70/1 con l’obiettivo di avere un mondo libero dall’epatite C con accesso sicuro alle cure per gli infetti, entro il 2030.
Se da un lato l’epatite C negli anziani può avere un decorso più lento qualora sia stata acquisita in età giovane, dall’altro una maggiore durata di malattia può sottendere la presenza di un danno cronico più avanzato.
La diagnosi è semplice, basta un test ematico (ricerca di anticorpi anti HCV) e più recentemente un test rapido sulla saliva. Le attuali cure invece sono ugualmente efficaci senza differenze fra giovani ed anziani.
La trasmissione dell’epatite C è prevenibile con adeguato screening di popolazione, individuando le persone e le comunità a rischio (la trasmissione avviene prevalentemente tramite sangue e derivati del sangue, strumentario o aghi infetti), ed è consigliata nella fascia d’età di 55-75 anni (nati fra 1945-1965).
Se siete nella fascia d’età a rischio e non avete mai effettuato il test per HCV o vi è stato accennato di essere dei portatori di epatite B, consigliamo di rivolgervi al vostro medico di famiglia.
Un mondo libero dalle epatiti virali è possibile, promuovendo consapevolezza ed informazione.
Bibliografia essenziale
- Global prevalence, treatment, and prevention of hepatitis B virus infection in 2016: a modelling study. Lancet Gastroenterol Hepatol 2018.
- Yousafzai MT, et al. Global cascade of care for chronic hepatitis C virus infection: A systematic review and meta-analysis. J Viral Hepat 2021.
- Global Health Sector Strategy On Viral Hepatitis 2016–2021. http://www.who.int/hepatitis/strategy2016-2021/ ghss-hep/en/
- Dati SEIEVA (Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute) https://www.epicentro.iss.it/
Articolo a cura di Giovanni Galati – UOC di Medicina Clinica ed Epatologia | Scuola di Ecografia Clinica | Fondazione Policlinico Campus Bio-Medico di Roma