In occasione del Workshop “Accordi che curano. Verso un’assistenza domiciliare integrata sociosanitaria e sociale”, organizzato da Fondazione Alberto Sordi con il contributo della Regione Lazio, abbiamo intervistato il Prof. Leonardo Palombi, Direttore del Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell’Università di Tor Vergata
Da dove nasce l’idea della cosiddetta ADISS, assistenza domiciliare integrata sociosanitaria e sociale?
«Non so se sarà questa la denominazione ufficiale della nuova assistenza domiciliare, ma la sostanza è che si tratterà finalmente di una vera e propria presa in carico. Lei sa che purtroppo sino ad oggi la ADI ha avuto due grandi limiti: il primo legato al fatto che essa si riduce a circa 16-18 ore all’anno per anziano, con effetti davvero marginali. Il secondo è che si tratta di una forma di assistenza solo sanitaria.
La Commissione per la riforma della assistenza sanitaria e sociosanitaria insediatasi presso il ministero della salute nel settembre 2020 e presieduta da Vincenzo Paglia ha svolto con ISTAT una complessa indagine sugli over 75 cercando di delineare alcuni profili largamente diffusi. E’ emerso che vivono ancora presso la loro abitazione ben 2,8 milioni di ultrasettantacinquenni con difficoltà motorie da medie a severe, con problemi importanti nelle attività fisiche e strumentali della vita quotidiana, con comorbidità. Circa 1,2 milioni vivono senza aiuto alcuno familiare, pubblico o privato.
E’ evidente che si dovrà sostenere questi anziani a casa con una assistenza che sia prevalentemente sociale ma anche sanitaria e che li aiuti nella vita di tutti i giorni, rompendone l’isolamento e la marginalizzazione. Se non sapremo intercettare questa domanda essa non potrà che trasformarsi in una pressione sui nostri ospedali e pronto soccorso. Infine, la Commissione ha preso atto che si spendono circa 12 miliardi per 288.000 anziani in RSA e meno di due per questi 2,8 milioni di over 75, una vera stortura del nostro sistema assistenziale.
Mi lasci anche dire che siamo sempre stati convinti che l’anziano può e deve essere curato e assistito presso la sua abitazione luogo di memoria e di identità. Sradicarlo da quel contesto non può che essere dannoso e spesso anche disumano. Siamo molto grati ai due governi che si sono succeduti ed hanno voluto recepire e portare avanti la legge delega e speriamo che i lavori parlamentari possano dare il giusto indirizzo a questa norma di civiltà che parla all’Italia ma anche a tanti paesi che invecchiano.»
Quali sono le principali novità della riforma della non autosufficienza?
«Mi scusi ma la legge si preoccupa di tutte le persone anziane: il titolo infatti è “deleghe al Governo in materia di politiche in favore delle persone anziane”. Non è una differenza di poco conto. La principale novità è proprio questa, una preoccupazione a tutto tondo per chi diventa anziano, una operazione culturale per dire che essere anziani non vuol dire solo essere incontinenti, allettati, confusi. Sono 14 milioni coloro che hanno varcano la soglia dei 65 anni, poco meno di un cittadino su 4. Questa vecchiaia di massa – ed è la prima generazione a manifestarsi, come dice spesso Mons. Paglia- è piena di vita, di voglia di fare, attrice e partecipe della vita nazionale come e forse più di altre generazioni. Certo, è una età della vita che è fortemente segnata da una fragilità, dalla quale va protetta.
Ed è questo il secondo elemento di novità: l’anziano non va guardato dal buco della serratura della non autosufficienza ma in quel suo peculiare e complesso bilancio di forza e debolezza che chiamiamo fragilità. Per la quale bisogna avere attenzione, sulla quale esercitare prevenzione e tutta una serie di misure, circondando ad esempio l’anziano di rapporti e relazioni. La terza novità: abbiamo eletto a sistema la valutazione funzionale multidimensionale caratterizzandola come operazione di sintesi degli attori istituzionali sanitari, sociali e assistenziali. Asl, ambiti territoriali sociali e Comuni, INPS, lavoreranno insieme per valutare di ogni anziano il profilo di necessità, dando finalmente una valutazione ed una risposta unitaria.
Operazione, dunque, che inizia dal basso, presso i Punti Unici di Accesso, che ospiteranno queste Commissioni, ma che vede anche una governance di vertice autorevolissima, il CIPA – Comitato Interministeriale Politiche per la popolazione Anziana – presieduto a Palazzo Chigi dal Presidente del Consiglio dei Ministri e da tutti i rappresentanti dei ministeri coinvolti.
La delega, ancora, disegna un continuum assistenziale, costituito da vari segmenti: servizi di rete e valutazione per tutti gli over 80, assistenza domiciliare integrata sociale e sanitaria, cure palliative, centri diurni integrati e soluzioni residenziali come centri multiservizi ed RSA incaricate di cure di transizione. Si entra attraverso una valutazione, si riceve un PAI, e si integrano i tre interventi, quello sanitario, sociale e assistenziale. La legge ha l’ambizione di rendere davvero effettiva l’integrazione e, di conseguenza, saranno attivate due rilevanti trasformazioni: la connessione dei diversi archivi dati e la armonizzazione di LEA e LEPS. Ci sarebbe ancora molto da dire, ma credo che questi elementi spieghino l’importanza davvero cruciale della legge in discussione.»
Abbiamo bisogno del Sistema Nazionale Assistenza Anziani?
«Il Sistema Nazionale per la Popolazione Anziana non Autosufficiente – SNAA, risponde alla medesima esigenza di integrare le valutazioni, le risorse e le risposte. Oggi purtroppo i diversi attori agiscono in ordine sparso, costringendo l’utente, che invece ha una sua individualità, a confrontarsi con una frammentazione esasperante di Commissioni, atti, domande, ecc. Ci vuole governance e ci vuole a diversi livelli.»
Cosa è stato accolto dal disegno di legge delega e cosa no? E qual è l’impatto di ciò che non è stato accolto?
«Io direi che, seppure in forma ancora incompiuta, nella delega ci sono tantissime novità. È presto per dire quale sarà l’impatto della delega, anche se non le nascondo che le ambizioni sono grandi. Il Parlamento ora deve esprimersi su una legge alta, cruciale per il Paese e la società. E ha di fronte a sé alcuni obiettivi politici. Il primo: un serio riequilibrio fra spesa ospedaliera e servizi sul territorio. Non siamo solo noi a dire che il sistema sanitario e quello assistenziale sono in crisi di sostenibilità, di qualità e di efficacia: il rapporto 2022 sulle dimissioni ospedaliere denuncia il fatto che su 5 milioni circa di ricoveri 1,3 sono “inappropriati”, ovvero inutili.
Si tratta di qualcosa come sette miliardi che davvero se redistribuiti potrebbero finalmente creare una sanità ed una assistenza territoriale e domiciliare. E poi c’è un secondo obiettivo di “nuova” politica: lavorare perché l’assistenza fronteggi alcune emergenze del paese come lo spopolamento. Ormai in migliaia di Comuni italiani anziani over 80 sono in prima linea, senza servizi e senza sostegno, a mantenere vivo un territorio, un patrimonio naturale ed artistico che senza di loro sarebbe definitivamente perso. Lavorare per loro e con loro, sostenerli con servizi adeguati, vuol dire restituire a vita nuova l’Italia dei piccoli paesi, dei borghi storici e di tanti territori, come ad esempio gli Appennini, cui la nostra storia e memoria è indissolubilmente legata. Se perdiamo gli anziani perderemo anche gran parte del Bel Paese.»
L’evento si svolgerà il 20 febbraio 2023, in occasione della Giornata della giustizia sociale, per affrontare la questione del nuovo servizio proposto dalla “Riforma della non autosufficienza” denominato Assistenza Domiciliare Integrata Sociosanitaria e Sociale (ADISS).
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