Cerca
Close this search box.

L’Imprevedibile viaggio di Harold Fry – SGUARDI DI VITA – Recensioni Cinematografiche

Facebook
Twitter

SGUARDI DI VITA è la nuova rubrica in onore di Alberto Sordi, dedicata a esplorare il cinema che abbraccia l’anzianità, il rapporto tra genitori e figli, il ruolo dei nonni, la cura nelle relazioni. A cura di FRANCO OLEARO, redattore di www.familycinematv.it

 

L’Imprevedibile viaggio di Harold Fry

Harold Fry e sua moglie Maureen, entrambi anziani, vivono nella loro casetta in una verde cittadina del Devon quando lui riceve una lettera da Queenie, una sua amica di lunga data. Lo informa che si trova in un hospice a Berwick-upon-Tweed a causa di un cancro inguaribile. Harold prepara una lettera di risposta ma passando per il bar per prendere una bottiglia di latte, si confida con la giovane barista. Anche lei ha avuto una zia con un tumore e lo incoraggia: “non si arrenda, non contano le medicine, ma quello che c’è qui nel cuore: deve avere fede”. Harold resta colpito da questa frase e decide di raggiungere l’hospice a piedi (si tratta di 900 chilometri). Durante il cammino manda cartoline a Queenie, dicendole di non arrendersi: lui sta arrivando.

Il film è la cronaca del lungo viaggio a piedi di Harold (quasi tre mesi) dal Sud al Nord dell’Inghilterra passando per verdi campagne, città e piccoli villaggi. Incontrando persone che lo aiutano e che in seguito diventano un gruppo compatto che lo segue, quando la notizia del suo viaggio e delle sue intenzioni appaiono su un giornale locale.  Ma quello di Harold è anche un viaggio interiore. Questa sua tardiva iniziativa è una forma di riscatto nei confronti di una vita che reputa di aver mal condotto, piena di rimorsi soprattutto in riferimento a suo figlio, a sua moglie e al debito morale contratto con Queenie e non saldato. A ciò va aggiunta la strana fede (non certo cristiana) da lui acquisita dopo il colloquio con la ragazza del bar: quasi esista una misteriosa connessione fra i nostri atti e il destino di chi ci è caro .

 

“Finché io camminerò lei vivrà”: ripete più volte Harold.

 

Una strana fede che potremmo  sbrigativamente rubricarla come superstizione ma in realtà il gesto del vecchio pensionato nasconde una grande verità, non soprannaturale ma umana: prendersi cura, mostrare affetto, alimentare la speranza in chi sta soffrendo costituiscono un ottimo stimolo per continuare a combattere, per cercare di vivere ancora per altri giorni. Il concetto è ribadito più volte nel film. Se l’infermiera dell’hospice fa notare ad Harold, per telefono, che “Queenie non ha famiglia e quando non si ha nessuno si tende a morire velocemente”, sarà poi lei stessa ad informare Harold che Queenie, informata del suo viaggio, lo sta aspettando con ansia. 

Che Harold non creda in un Dio onnipotente e misericordioso appare evidente in un colloquio che lui ha in un bar.  Un signore che condivide con lui il tavolo gli confida di essere un chirurgo e di professare una fede cristiana. Lui va a messa ogni domenica ma al contempo ritiene che la cura dalle malattie sia una questione di medicina, non di fede. Harold al contrario ribadisce la propria “religione dell’umano”: finché lui camminerà per raggiungerla, Queenie vivrà.

Un atteggiamento decisamente insolito perché se Harold si dichiara ripetutamente ateo, il racconto è farcito di allusioni alla fede cristiana (Harold si priva, per proseguire con “purezza” il suo cammino, dei suoi soldi e delle sue carte di credito, quasi novello san Francesco; la giovane dottoressa che per un giorno ospita Harold, gli pratica la lavanda dei piedi;  il giovane Wilf che Harold incontra durante il suo cammino, dichiara di essere credente e di aver ricevuto a più riprese dei “segni” dal cielo). Può avere consistenza l’ipotesi che la regista abbia voluto fare dell’ironia nei confronti di chi aderisce alla fede cristiana, proponendo invece una fede che si appoggia esclusivamente su valori umani.

 

Il film beneficia dell’ottima interpretazione di Penelope Wilton in primis e anche di Jim Broadbent ma  sviluppa troppe sottotrame che finiscono per far perdere di coerenza il racconto.

Riteniamo il film non adatto ai più piccoli (suggeriamo 14+) perché viene raccontata la pedofilia di uno dei personaggi (anche se non mostrata) e appare una breve sequenza in cui si vede un giovane che si è impiccato.

Recensione a cura di Franco Olearo di www.familycinematv.it

Ultime news