Nel 2017, il Pil è cresciuto dell’1,5% e ha registrato il miglior risultato dal 2010; la crescita è continuata nel primo trimestre 2018, anche se in rallentamento, segnando il quindicesimo mese di aumento consecutivo. Lo rileva il Rapporto annuale Istat che fa il punto sulla situazione del Paese. A sostenere la crescita -sottolinea il documento, presentato oggi a Roma nella Sala della Regina a Palazzo Montecitorio – sono stati consumi, anche se è mancato il traino della Pa, e investimenti; positivo anche il contributo della domanda estera netta per la prima volta dopo tre anni. L’inflazione è positiva, anche se moderata.
Reti familiari e ascensore sociale bloccato
Al centro del rapporto, illustato alla platea dal direttore dell’Istituto di statistica Giovanni Alleva, il ruolo delle “reti” sociali nell’Italia di oggi, da quelle familiari a quelle elettive. Il quadro d’insieme ricavabile dai dati Istat evidenzia il “blocco”, che dura da tempo, del cosiddetto “ascensore sociale”. La dote familiare, in termini di beni economici ma anche di titoli di studio e attività dei genitori, è «determinante» per avere successo nello studio e nel lavoro: solo il 18,5% di chi parte dal basso si laurea e il 14,8% ha un lavoro qualificato. La cerchia di parenti e amici è anche decisiva nel trovare e non solo nel cercare un impiego: lavora grazie a a questo ”canale informale” il 47,3% (50,6% al Sud) contro il 52,7% che l’ha ottenuto tramite annunci, datori di lavoro agenzie, concorsi.
Italia al top per numero di anziani
Non migliora le cose l’ivecchiamento progressivo della popolazione. Il numero complessivo degli italiani è in diminuzione per il terzo anno consecutivo di quasi 100mila persone rispetto al precedente: al 1° gennaio 2018 si stima che la popolazione ammonti a 60,5 milioni, con 5,6 milioni di stranieri (8,4%). Il Rapporto mette l’Italia al secondo posto nel mondo tra i paese più “vecchi”: 168,7 anziani ogni 100 giovani. Il Paese appare anche più fragile rispetto all’Ue: il 17,2% si sente privo o quasi di sostegno sociale. Gli anziani che vivono soli passano oltre 10 ore senza interazioni con altri.
Negli ultimi 10 anni la mappa del lavoro è cambiata: quello manuale segna una decisa contrazione (tra il 2008 e il 2017 sono scesi di un milione gli occupati classificati come «operai e artigiani») mentre si contano oltre 860 mila unità in più per le «professioni esecutive nel commercio e nei servizi», in cui rientrano gli impiegati con bassa qualifica che potrebbero essere ribattezzati i “nuovi collettivi bianchi”. Si contano anche 1,3 milioni di part-time in più, 500 mila autonomi in meno e 500mila dipendenti in più. La crescita degli occupati, ricorda l’Istat, nel 2017 è continuata, soprattutto per le donne (+1,6% contro +0,9% degli uomini) e gli occupati di 50 anni e più (+344 mila unità, +4,4%); il Mezzogiorno rimane l’unica ripartizione geografica con un saldo occupazionale ancora negativo rispetto al 2008 (-310 mila unità, -4,8%) non recuperando i livelli pre-crisi.
Con il 69% di utenti regolari di Internet tra i 16 e i 74 anni, l’Italia è agli ultimi posti fra i paesi Ue. Navigano di più i nati dopo il 1996 (90,3%), le persone con titoli di studio più elevati e quelle residenti nel Centro-nord. Il 60,1% degli utenti ha utilizzato un social network, il 52,5% ha inviato messaggi in chat, scritto su un blog o su un forum, il 32,4% ha condiviso testi, fotografie o musica. Le relazioni sociali non virtuali restano la forma di interazione più appagante. Un figlio su quattro usa la Rete per comunicare con i genitori. Il 55,2% delle madri e il 47,3% dei padri della generazione della transizione (nati tra 1966 e 1980) e un genitore su tre delle generazioni dell’impegno e dell’identità (nati tra 1946 e 1965) usa assiduamente la rete internet per comunicare con i figli.
Test preso da ilsole24ore.com, qui l’articolo originale.