Entrambi hanno unito, come in un abbraccio, i sorrisi e le risate di spettatori di svariate generazioni.
Il Maestro e l’Allievo.
Alberto e Carlo.
E poi c’è quel film: In viaggio con papà. Che, a pensarci, lo ritroviamo ancora più importante rispetto a ieri perché il viaggio e gli affetti familiari – oggi più che mai – sono due tra i principali motivi per cui la vita ci appare come dono.
Allora sì.
Torneremo a ridere e scherzare. Ad arrabbiarci. A esplorare la nostra coscienza, indagare sui nostri complessi, sorriderne, specchiarci nei volti dei parenti più stretti che da mesi, per atto d’amore, si tende ad evitare. Torneremo a viaggiare e a condividere il prezioso bene del tempo con i nostri affetti più cari. Privarsi di una visita a un nonno o del piacere del viaggio: due ingiustizie. Dovremo, appena possibile, riappropriarcene. Così poi ce li ricorderemo questi momenti di dolore: per gustarci ancora di più la bellezza della vita.
Non dovremo dimenticarci di approcciarla con la leggerezza di Armando D’Ambrosi, eterno giovane e sciupafemmine, o con la timidezza e la sensibilità di Cristiano. Non dovremo, mai più, commettere l’errore di non viverceli, a fondo, quei momenti di assoluta semplicità: che oggi ci mancano e ci costringono a un isolamento affettivo che fa male. Padri e figli, nonni e nipoti. Sarà l’odore del ragù della domenica o una pizzetta mangiata in spiaggia. Sarà una sensazione di piacere che, all’improvviso, saprà travolgerci. Oggi stiamo sul ciglio di una strada: come Cristiano. Ci sentiamo soli ma non rinunciamo alla speranza. Di ritornare alla nostra beata normalità. Leccandoci le ferite, pensando a un brutto scherzo. Ma poi rimontarci con gioia, su quella magica Mercedes. E riprendere il cammino interrotto: parlando e guardando avanti.