Il fenomeno dell’invecchiamento della popolazione italiana è un processo ineludibile che porta con sé numerose implicazioni socio-sanitarie.
Implicazioni che comportano un cambiamento del panorama assistenziale dedicato all’anziano fragile.
Un’innovazione dei servizi che si svilupperà perseguendo la territorialità delle cure, la prossimità dei servizi, la continuità assistenziale tra setting di cura e la professionalizzazione dell’infermiere nella gestione della persona anziana.
Infatti, nell’ultimo decennio la formazione accademica di base e post base degli infermieri è stata potenziata ed indirizzata al rafforzamento delle competenze nell’assistenza alla popolazione anziana.
Anche la ridefinizione giuridico professionale attuata dal famoso Decreto Rilancio (DL 34/2020) che riconosce la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, conferma come questa figura sia una degli attori principali di questo cambiamento.
L’infermiere è la figura professionale che accompagna e si prende cura della Persona in ogni fase della sua vita, che è presente in ogni momento di transizione e in ogni momento di fragilità sociale e fisica.
Che si concentra non sulla malattia di per sé ma su come questa influenza ogni aspetto di vita della persona, su come quest’ultima e la sua famiglia vivono la malattia nella quotidianità.
Nella cura all’anziano, la sua attività consiste nell’esserci, soprattutto quando la patologia è inguaribile trovando metodi alternativi di cura perché considera la Persona importante fino alla fine della sua vita solo per il fatto stesso di essere Persona.
Gli infermieri, formati nella cura dell’anziano, sanno comprendere e trattare i loro bisogni spesso complessi di natura fisica e mentale, contribuiscono a preservare il più possibile la salute e li aiutano ad affrontare i cambiamenti fisici e sociali in modo che le persone anziane possano rimanere indipendenti e attive il più a lungo possibile.
Con la sua attività si fa promotore dell’invecchiamento attivo inteso come la capacità di invecchiare restando in buona salute, godendo di una buona qualità della vita, sfruttando al meglio il proprio potenziale fisico, sociale e mentale lungo tutto il corso della vita, partecipando secondo i propri bisogni, desideri e capacità.
Capacità residue da cui l’infermiere parte per realizzare interventi educativi e relazionali che contrastano la solitudine, l’isolamento e l’esclusione sociale dell’anziano.
Sul territorio, l’infermiere realizza la connessione tra i nodi della rete socio-assistenziale per l’anziano e le risorse familiari e di comunità ed è parte delle strategie messe in atto per realizzare la tanto agognata integrazione ospedale-territorio.
Concludendo quindi, che sia in ospedale, in ambulatorio, nei servizi di emergenza, nei centri diurni, nelle residenze o a casa, l’infermiere è pronto ad affrontare la sfida dell’invecchiamento e a cogliere tutte le opportunità che ne conseguono.
A tutti i colleghi, buona Giornata Internazionale dell’Infermiere!
Articolo a cura di Gabriella Facchinetti, infermiera della Fondazione Alberto Sordi