Abbiamo avuto il piacere di parlare con la Prof.ssa Maria Novella Bugetti, professore associato di Diritto Privato che ha indirizzato la propria ricerca scientifica nel campo della famiglia, della persona e dei contratti del consumatore.
Nella cura delle persone anziane, la famiglia è considerata un provider, ma non c’è un’attribuzione di ruolo, c’è solo un riconoscimento da parte dell’ordinamento, che cosa implica ciò?
Rispondere a questa domanda non è semplice. La legge 328/2000 in materia di servizi socio-assistenziali riconosce il ruolo primario che la famiglia riveste nelle funzioni di cura, ancora una volta non specificamente in relazione alla cura degli anziani non autonomi, ma ogni qualvolta vi sia al suo interno un soggetto debole. Vi sono poi alcuni strumenti di conciliazione lavoro famiglia che si dirigono in questo senso. È evidente che il welfare potrebbe essere ulteriormente incrementato in questa direzione, perché in una società complessa come quella attuale, che sempre più invecchia e in cui i membri adulti sono in grande misura attivi nel mondo del lavoro extra-domestico, la cura dei soggetti deboli in famiglia non può prescindere da strumenti di supporto, e non solo materiale.
Lei opportunamente evidenzia il carattere “spontaneo” della solidarietà dei figli nei confronti dei genitori anziani, di un’asimmetria, sul piano giuridico, della solidarietà nelle relazioni familiari:
- quali sono le conseguenze per gli anziani?
- come pensa che si possa colmare questa lacuna nel diritto privato?
- Quali, in sintesi, le lacune e le asimmetrie del sistema normativo italiano
Sì, il nostro diritto privato evidenzia un paradosso di fondo nella disciplina delle rapporti intergenerazionali, nel senso che mentre i genitori (e, di poi, gli ascendenti nei confronti dei nipoti) hanno doveri di cura, assistenza, mantenimento nei confronti dei figli, anche se divenuti maggiorenni, se non autosufficienti, e comunque non possono escludere i figli e i nipoti dalla successione ereditaria, i figli non hanno alcun dovere nei confronti dei genitori, ancorchè anziani e bisognosi, se non pagare, in casi eccezionali, gli alimenti.
La vicinanza al genitore anziano, la partecipazione alla sua assistenza, dunque, si prefigura in sintesi come un dovere morale, non giuridico, lasciato alla spontaneità. Il che è forse ragionevole, nel senso che una più marcata presa di posizione del diritto potrebbe risultare sconvenente, o magari addirittura controproducente, in certe situazioni particolari. Ciò su cui si potrebbe invece intervenire – e da tempo si annunciano riforme – è proprio il diritto successorio, magari consentendo al genitore che lo ritenga opportuno escludere dalla successione il figlio o i figli che non si siano presi cura di lui o privilegiando quelli che invece lo hanno fatto.
Cosa ci ha insegnato questa pandemia sulle politiche e sui servizi di sostegno alla terza età?
Credo molte cose. Su una vorrei spendere una parola. La pandemia ci ha messo di fronte all’evidenza, nel modo più tragico, aihmè, che la cura materiale della persona anziana, il sostegno nelle attività più materiali e pratiche, è solo una degli aspetti della “cura”; essa comprende un aspetto relazionale ed affettivo, che, venuto forzatamente meno per molti mesi, ci ha fatto capire, spero, quanto esso debba essere apprezzato e coltivato. L’aspetto che è emerso con maggiore evidenza in questi mesi è la sofferenza ed il disagio derivanti dalla lontananza dai nipoti, dal non poter ricevere visite dei parenti, dal non potersi recare nei circoli ricreativi o alle funzioni religiose. E’ un aspetto al quale si era dato fino ad ora, nell’opinione pubblica, una rilevanza piuttosto marginale, ma che non potrà più essere ignorato nelle politiche per la terza età.
Alberto Sordi è stato uno dei più incisivi personaggi della storia della cultura italiana e un uomo di grande sensibilità, come dimostrato dalla volontà di voler istituire una Fondazione attenta alle esigenze degli anziani e, in particolare, dei più fragili. Conosceva questo lato del grande attore? Quanto pensa che istituzioni come Fondazione Alberto Sordi possano contribuire alla crescita sociale del nostro Paese?
Avevo avuto modo di conoscere il grande impegno sociale di Alberto Sordi, che credo lo rendano ancora più caro al nostro Paese e ancora più “grande”. Anche alla luce di quanto emerso in precedenza, credo che sia di fondamentale importanza che vi siano istituzioni che pongano al centro la persona anziana e ne promuovano fattivamente e idealmente il benessere. In una società come la nostra in cui il patto intergenerazionale tende a sfilacciarsi sotto la pressione di istanze individualistiche, prestazionali e, consentitemi, narcisistiche, mantenere viva la riflessione sul ruolo degli anziani trascende l’obiettivo primo di sostenerli e di promuoverne il benessere, per allargarsi a quello di promuovere una società più solidale e più umano.