Lo spazio in cui viviamo può avere un ruolo per il benessere delle persone affette da disturbi neurocognitivi, come la malattia di Alzheimer e altre forme di demenza?
Le persone sono condizionate dallo spazio in cui vivono, e questo condizionamento vale per tutti, non solo per le persone affette da decadimento cognitivo. La forma dello spazio (interno o esterno), le luci, i colori e le atmosfere influiscono sul nostro stato d’animo e possono addirittura modificare il nostro umore, i nostri pensieri e comportamenti. Lo studio dello spazio assume, quindi, un ruolo fondamentale per assicurare il benessere delle persone.
La mia esperienza personale (la mia mamma è affetta da malattia di Alzheimer da circa sette anni) mi ha permesso di capire come chi soffre di questa malattia ha “esigenze” specifiche. Ho vissuto sulla mia pelle la sua progressiva perdita della capacità di esprimersi, di orientarsi, di compiere azioni, e di elaborare concetti. L’ho osservata ogni giorno cercando di capire come stava cambiando il suo modo di percepire e vivere, guardare, elaborare, spostarsi. Fare i conti (in modo sempre più inconsapevole) con la progressiva incapacità di compiere anche le azioni più semplici. È un processo doloroso, e ne sono stata spaventata. Poi però ho provato a guardare le cose con occhi diversi e sto cercando di capire cosa posso fare io – oltre che come figlia – anche come progettista, per rendere questo cammino almeno un po’ più lieve.
Se proviamo a immedesimarci in questo “mondo parallelo”, vedremo che possiamo usare i parametri cosiddetti “standard”. Se le persone con malattia di Alzheimer perdono – in massima semplificazione – la memoria, la capacità di “elaborare dati” e le capacità pratiche, quella che invece rimane viva è la sfera emotiva e quella affettiva. Infatti non perdono la capacità di emozionarsi: possono essere felici e anche tristi, anche se magari non ricordano il perché. In questo senso, la qualità dello spazio interno ed esterno assume un ruolo ancora più importante, perché è in grado di influire sullo stato d’animo delle persone che lo vivono. Vivere in uno spazio funzionale, ben strutturato e gradevole, contribuisce a rassicurare le persone affette da demenza e ad aiutarle nel loro percorso di vita.
Di cosa deve tenere conto la progettazione degli spazi che accolgono persone con malattia di Alzheimer o altri tipi di demenza?
La progettazione degli spazi deve tener conto che la percezione spaziale si trasforma progressivamente, e cambiano i parametri spazio-temporali: la chiave è la semplificazione. Non servono molte cose, perché la ridondanza li disorienta. Il colore può aiutare a distinguere forme e funzioni; la luce deve favorire una buona visione degli spazi. Lo studio di spazi, luce e colore va fatto con estrema attenzione per raggiungere un risultato di morbida armonia. Lo spazio esterno risponde alle medesime istanze.
In questo contesto, quanto è prezioso per loro avere la possibilità di stare all’aperto?
L’opportunità di stare all’aperto è preziosissima per persone che stanno perdendo o hanno perso la possibilità di poter spostarsi dove vogliono in autonomia. In qualche modo restituisce loro un po’ di libertà – pur “controllata” – con conseguente e immediato influsso positivo sul loro stato d’animo.
Ci racconta più in dettaglio il suo intervento sul giardino del Centro Diurno Alberto Sordi per persone affette da demenza recentemente inaugurato a Roma in zona Trigoria?
Il luogo di intervento del centro diurno Alzheimer della Fondazione Alberto Sordi era un parcheggio, completamente asfaltato e con nessun requisito intrinseco che richiamasse il sapore di uno “spazio naturale”. Una bella sfida. Una sfida anche in termini di tempo, perché il tutto è stato pensato e realizzato in poco più di un mese. Questo spazio, che è in via di completamento, per quanto sia totalmente antropomorfo, trasmette e consente di vivere il contatto con l’aria, il cielo, la terra. Ci sono elementi che favoriscono esperienze sensoriali. Piante evocative e tradizionali come l’ulivo, che possono innescare ricordi e sensazioni; piante aromatiche che stimolano l’olfatto (potentissimo strumento per evocare ricordi sepolti chissà dove), fiori colorati che attivino la vista. Il muro di cemento armato – al momento parzialmente coperto con piccole canne in bambù – potrebbe essere, con il tempo, decorato con disegni o graffiti sul tema del “verde”, per utilizzare anche il linguaggio grafico che in fondo troviamo anche in giro per la città.
Ci sarà anche una parte di orto, per le attività manuali ed il contatto con la terra; già realizzata, invece, una parte per il riposo e la condivisione (con conseguente incoraggiamento di interrelazioni sociali). Il tutto in spazi e percorsi sicuri, semplici e accessibili. Un posto franco all’interno del quale le persone con Alzheimer possono spostarsi liberamente, osservare, annusare, parlare, interagire, riposarsi, compiere azioni… attività preziosissime per chi – nei luoghi ordinari – non può più compierle da solo. Una conquista enorme che, spero, possa avere benefici sul percorso di vita che stanno affrontando.
Caterina Tumbarello
Architetto