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L’Alzheimer in Italia e nel Lazio: L’importanza della Stimolazione Cognitiva e dell’Inclusione Sociale

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La malattia di Alzheimer è una delle malattie neurodegenerative più diffuse al mondo, e l’Italia non fa eccezione. 

In Italia, secondo stime dell’Osservatorio demenze dell’Istituto Superiore di Sanità, circa 1.200.000 persone soffrono di demenza, di cui il 50-60% sono malati di Alzheimer (circa 600.000 persone) e circa 900.000 con disturbo neurocognitivo minore (Mild Cognitive Impairment). Sono circa 4 milioni, inoltre, le persone direttamente o indirettamente coinvolte nell’assistenza dei pazienti.

Il Dipartimento di Epidemiologa del Sistema Sanitario Regionale del Lazio (DEP) produce e aggiorna ogni anno stime della prevalenza della malattia di Alzheimer e delle altre demenze tra la popolazione residente nella regione. Solo nella regione Lazio, le statistiche più aggiornate indicano circa 100.000 persone affette da demenza (Alzheimer incluso) in vari stadi: lieve, moderata o grave. A queste si aggiungono circa 70.000 casi di deterioramento cognitivo lieve, che richiedono monitoraggio e approfondimenti diagnostici.

La demenza da Alzheimer è caratterizzata da un declino progressivo delle funzioni cognitive, come la memoria, il linguaggio e la capacità di ragionamento. Col tempo, la malattia provoca gravi limitazioni nell’autonomia della persona, che diventa dipendente dall’assistenza di familiari o professionisti. 

Uno dei principali approcci per rallentare il progresso della malattia è la terapia di stimolazione cognitiva. Essa si basa sullo svolgimento di una serie di attività che mirano a mantenere attive le funzioni cerebrali residue, stimolando l’orientamento, l’attenzione, la memoria, il linguaggio, la capacità di ragionamento le e funzioni esecutive. L’obiettivo non è, quindi, fermare la malattia, ma ritardare il deterioramento cognitivo, migliorando così la qualità della vita della persona con demenza e dei suoi familiari. La terapia di stimolazione cognitiva può ricorrere a diverse tecniche, tra cui giochi di memoria, attività artistiche, lettura e ascolto di musica. Studi clinici dimostrano che queste attività non solo rallentano la progressione della malattia, ma contribuiscono anche a ridurre sintomi associati come l’ansia e la depressione. 

Anche le conversazioni con i caregiver e il coinvolgimento in attività quotidiane come cucinare, fare la spesa o fare una passeggiata con altre persone possono aiutare il malato a mantenere le abilità funzionali e strumentali di vita quotidiana.

Oltre alla stimolazione cognitiva, un altro aspetto cruciale nella gestione della malattia è l’inclusione sociale. Le persone con malattia di Alzheimer tendono spesso a isolarsi, non solo a causa delle difficoltà cognitive ma anche per la mancanza di comprensione e sostegno sociale. Questo isolamento peggiora le condizioni psicologiche della persona con demenza e influisce negativamente anche sui familiari, spesso chiamati a prendersi cura del proprio caro in modo esclusivo e con un forte carico emotivo.

In questo contesto, le iniziative di inclusione sociale diventano fondamentali. I centri diurni, ad esempio, come quello recentemente inaugurato dalla Fondazione Alberto Sordi a Roma in zona Trigoria, rappresentano un importante punto di riferimento per le famiglie, offrendo uno spazio in cui le persone con demenza possono partecipare ad attività strutturate sotto la guida di professionisti. Allo stesso tempo, i familiari possono beneficiare di un supporto psicologico e pratico, evitando di sentirsi isolati nel loro ruolo di caregiver. Un altro esempio di inclusione sociale sono le comunità amiche della demenza che mantengono la persona con demenza nel suo ambiente di vita.

La gestione della malattia di Alzheimer richiede un approccio multidisciplinare, che combini trattamenti farmacologici con la stimolazione cognitiva e l’inclusione sociale. È essenziale che le istituzioni, il sistema sanitario e le comunità locali lavorino insieme per offrire sostegno non solo alle persone affette dalla demenza, ma anche alle loro famiglie, che spesso si trovano a dover affrontare questa sfida da sole. Solo attraverso un’azione collettiva sarà possibile migliorare la qualità della vita delle persone con malattia di Alzheimer e creare un ambiente più accogliente e inclusivo per tutti. 

Le cure per le demenze nella regione Lazio sono organizzate secondo il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA), che mira a uniformare le modalità di diagnosi e trattamento attraverso un approccio multidisciplinare. Sono attivi centri specifici, come i Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) e strutture di supporto, tra cui centri diurni e residenziali, per migliorare la qualità di vita dei pazienti e dei caregiver.

E’ importante sottolineare inoltre che il messaggio lanciato dalla comunità scientifica è che la demenza può non essere un’inevitabile conseguenza dell’invecchiamento. Adottare uno stile di vita sano, ad esempio una corretta alimentazione, lo svolgimento di regolare attività fisica, non fumare e non abusare di alcol, può teoricamente prevenire più di un terzo dei casi. 

Recenti evidenze scientifiche, infatti, mostrano come il 45% dei casi di demenza potrebbe essere prevenuto agendo su 14 fattori di rischio: bassa istruzione, disturbi dell’udito, perdita della vista, ipertensione, ipercolesterolemia, fumo, obesità, depressione, inattività fisica, diabete, isolamento sociale, abuso di alcol, traumi cranici e inquinamento atmosferico.

Francesca de Palma

Fondazione Alberto Sordi



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