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“Napoli – New York” – SGUARDI DI VITA – Recensioni Cinematografiche

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Napoli, 1949. Un bomba rimasta a lungo nascosta fra le macerie, esplode abbattendo alcune case di un quartiere popolare. La piccola orfana Celestina (10 anni) rimane illesa, ma non ha più un parente che se possa prendere cura. Trova rifugio presso Carmine, un po’ più grande di lei e orfano anche lui, che vive per strada vendendo sigarette di contrabbando. Trascinati dagli eventi, finiscono imbarcati come clandestini su una nave diretta a New York. Accettati benevolmente dal capitano, una volta sbarcati si ritrovano in un mondo sconosciuto pur sapendo che in quella metropoli ci sono tanti italiani come loro.

Il tema che sostiene tutto il film è quello dell’immigrazione degli italiani in America, visto da Gabriele Salvatores (che si è ispirato a una sceneggiatura mai messa in scena da Federico Fellini) non come crudo dramma sociale, ma nella veste di un racconto educativo rivolto sia a ragazzi e ragazze che non conoscono questo momento della nostra storia sia a quegli adulti che gradiscono un racconto edificante, particolarmente ora che ci stiamo avvicinando a Natale. Un racconto dove non sono sottaciuti i risvolti drammatici, ma questi vengono superati e trasfigurati al bene da parte di tanti italiani che riescono a mettere a frutto una premurosa solidarietà.  Il film va visto quindi nella prospettiva del regista ed è inutile dispiacersi se il tema dell’immigrazione è stato convertito in un racconto educativo. Occorre piuttosto domandarsi se il profilo narrativo scelto sia stato efficacemente messo in scena.

Sotto questo punto di visita non resta che dare un dieci e lode a Gabriele Salvatores. Colpisce, fra i tanti aspetti riusciti, quello del casting: nelle sequenze della Napoli del dopo guerra abbiamo uomini e donne smagriti dagli zigomi sporgenti; un’apparizione quasi spettrale che si ripete quando una folla di uomini e donne con valigie, scesi dalla nave, si recano mestamente ai controlli di Ellis Island. Il contrasto è netto con i viaggiatori di prima classe della nave, dove prevale una carnagione bianca e ben curata, i capelli biondi, eleganti cappellini calzati sulle ventitré. Dopo una Napoli grigia di polvere, New York si presenta con colori saturi e smaglianti. E’ curiosa la scelta del regista: la prima immagine della metropoli che ci viene mostrata è il primo piano di tanti piedi che camminano svelti sul marciapiede esibendo scarpe dai mille colori, iconografia di un mondo opulento.

La scelta dei due piccoli protagonisti è pienamente riuscita (Salvatores si era cimentato già in storie di bambini: Il ragazzo invisibile, Io non ho paura). Difficile da dimenticare il volto della piccola Celestina (Dea Lanzaro): serio quando deve fronteggiare le tante difficoltà, ma quando le situazioni volgono al meglio manifesta un cauto sorriso, nel timore che ciò che sta accadendo non sia veramente la fine di tutte le sventure. Carmine (Antonio Guerra) invece si presenta come uno scugnizzo sfrontato, che assapora il valore della libertà, abile nel trovare furbe soluzioni al momento giusto. Più elaborata la figura di Domenico Garofalo (Pierfrancesco Favino), l’ufficiale della nave che si è preso cura di loro, abituato a muoversi sempre su due piani, quello della correttezza formale e quello del cuore, con il quale cerca di realizzare i desideri degli altri, di sua moglie e dei due piccoli orfani.

Il film appare come diviso in due parti: la prima dalla partenza da Napoli fino allo sbarco e poi la scoperta di New York e della sua gente.

La prima è concentrata sui due ragazzi e manifesta un certo lirismo meditato: probabilmente è la parte ricavata dalla sceneggiatura incompiuta di Federico di Fellini.

La seconda si concentra sul mondo degli italiani a New York e appare più “costruito”: viene inserito un risvolto giudiziario, viene sottolineato il disprezzo dei nativi nei confronti degli immigrati italiani, è presente una manifestazione di protofemminismo e viene mostrata una religiosità devozionale e superstiziosa. 

Ma la fine la solidarietà vince e il messaggio positivo che traspare è forte e chiaro.

 

Recensione a cura di Franco Olearo – Family Cinema TV

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