SGUARDI DI VITA è la nuova rubrica in onore di Alberto Sordi, dedicata a esplorare il cinema che abbraccia l’anzianità, il rapporto tra genitori e figli, il ruolo dei nonni, la cura nelle relazioni. A cura di FRANCO OLEARO, redattore di www.familycinematv.it
The Family Man
Nel 1987, all’aeroporto JFK di New York, Jack sta salutando la sua ragazza Kate. Sta per partire per Londra per seguire, per un anno, un corso di specializzazione. Kate ha un brutto presentimento: teme che se lui parte, finiranno per non rivedersi più. Lo prega insistentemente di non partire. Jack cerca di tranquillizzala, le dice che un anno passa presto e si avvia verso l’imbarco. Tredici anni dopo, Jack è diventato un uomo di successo e Kate è ormai solo un lontano ricordo. È presidente di una importante azienda finanziaria di Wall Street e vive da scapolo in un lussuoso attico al centro di New York. Alla vigilia di Natale Jack, uscito molto tardi dall’ufficio, incontra un personaggio misterioso che lo avverte che riceverà una “importante lezione” che lo aiuterà a riflettere sulla propria vita. Come risultato, quando il giorno dopo Jack si sveglia, si ritrova in una modesta casa nel New Jersey, con accanto Kate, ora sua moglie e due bambini, i suoi figli, che vengono a svegliarlo.
Jack scopre che il suo mestiere è venditore di pneumatici nella officina del papà di Kate mentre sua moglie è avvocato pro-bono, cioè a titolo gratuito. Jack non sa darsi pace ma non riesce a tornare nella sua precedente situazione…
Il film ci parla di famiglia e di amore. E lo fa in modo esteso, nell’arco di due ore, per approfondire tutti i risvolti del tema. All’inizio sembra che voglia proporci una banale contrapposizione fra una vita semplice senza ambizioni dedicata interamente alla famiglia e una focalizzata sul successo nel lavoro. Jack, abituato a spendere anche migliaia di dollari solo per un vestito, resta sconcertato quando la Kate che conosce durante “l’occhiatina nella sua vita alternativa” le confida che ha sempre pensato che:” saremmo invecchiati insieme in questa casa, i nostri nipotini sarebbero venuti a trovarci, ho l’immagine di noi vecchi e raggrinziti con me che traffico in giardino e tu che ridipingi il tetto”.
Man mano che Jack è costretto, suo malgrado a vivere la sua vita alternativa, viene fuori l’inconsistenza di questa contrapposizione. Nella seconda parte del film le prospettive di questo rapporto familiare si trasformano. Jack si affeziona a questi due figli, li porta a scuola nei giorni a lui assegnati, svolge con scrupolo il mestiere di venditore di pneumatici, porta la sera il loro cane a fare i suoi bisogni. Ma un giorno incontra per caso il capo della società di Wall Street presso cui lavora nella vita vera. Riesce a farsi notare e ottiene una promessa di lavoro. L’incontro successivo con Kate è di nuovo drammatico. Di fronte alla prospettiva di un trasferimento a New York, lei è contraria: sarebbe uno shock per i figli e anche lei dovrà riorganizzare il suo lavoro. La situazione che si è creata è però sostanzialmente diversa dalla prima. Si è passati da una contrapposizione ideologica e quindi falsa (lavorare vuol dire sacrificare il proprio spirito familiare; seguire la famiglia vuol dire mortificare le proprie potenzialità lavorative) a una molto più realistica, che trova riscontro in tante coppie di oggi. Marito e moglie, a fronte di una famiglia già formata con due figli e consolidata in una certa città, debbono decidere sulle nuove prospettive di lavoro che si sono presentate per uno dei due coniugi, che comporta il trasferimento in un’altra città. Ancora una volta, però, i parametri che debbono portare a una decisione condivisa sono incompleti. Non è giusto decidere in base al proprio soggettivo giudizio su cosa si vorrebbe fare ma occorre un altro fattore: l’amore.
In una cena al ristorante in occasione del loro anniversario, ora i due si parlano con il cuore in mano, si confidano le proprie incertezze e le proprie aspirazioni, riscoprono ciò in cui credono veramente. “Di cosa sei sicuro tu?” chiede lei. “Sono sicuro che adesso non c’è posto dove vorrei essere se non qui con te”: risponde Jack. Infine la dichiarazione risolutiva di Kate a fronte alle aspirazioni di suo marito: “mi sposterò dovunque vorrai andare e lo farò perché ti amo”.
Il film non vuole dare una soluzione definitiva alle tematiche che ha proposto, semplicemente perché non ce ne sono. Esse variano in funzione dei coniugi e della famiglia che hanno costituito. Ma il film ha impostato molto bene i termini del problema: ognuno deve aspirare a potersi dedicare alla propria famiglia ma anche a realizzarsi in quel lavoro che valorizza le sue doti. Tutte le problematiche che possono sorgere, per mantenere l’unità della famiglia debbono sempre far riferimento alla colonna portante della loro unione: l’amore reciproco. Se entrambi dicono: “io ti amo e sono pronto/a a seguirti dove tu vorrai”, entrambi annullano i loro egoismi e finiscono per decidere cosa è giusto fare in base a ciò che è meglio per la famiglia come un tutt’uno, non in base a criteri personali.
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Recensione a cura di Franco Olearo di www.familycinematv.it